LA DIAGNOSI E IL TRATTAMENTO DELLA DIPENDENZA: LA COMUNITÁ TERAPEUTICA TRA LIMITI E VANTAGGI.

Comunità Terapeutica Crest di Cuveglio

LA DIAGNOSI E IL TRATTAMENTO DELLA DIPENDENZA:  LA COMUNITÁ TERAPEUTICA TRA LIMITI E VANTAGGI.

Dott.ssa Serena Dainese, Psicologa

LA COMUNITÁ TERAPEUTICA TRA LIMITI E VANTAGGI

Offrire un servizio di psicoterapia, sia essa ad orientamento cognitivo-comportamentale o psicodinamico, all’interno di un contesto residenziale risulta essere una grande sfida.

Una professionalità spesso svantaggiata anche nei contesti più ottimali, a causa della mancanza di risorse economiche e, ancor peggio, dall’assenza di una cultura psicologica focalizzata sui benefici a lungo termine oltre che ai guadagni immediati, risente ancora di più, all’interno di un ambiente come quello comunitario, di una precarietà del setting. In comunità, la presenza di un’organizzazione della vita quotidiana scandita dalle attività di gestione della casa, oltre che dalle attività terapeutiche standard rende altamente flessibili sia gli spazi sia i tempi di incontro individuale con il paziente.

Inoltre, trattandosi di un ambiente di per sé caratterizzato dall’urgenza data la presenza di patologie molto gravi, rende spesso difficile una completa differenziazione dei ruoli professionali, inducendo qualsiasi professionista sul campo a occuparsi di richieste esterne al setting di psicoterapia.

Si verifica così la necessità di dover intervenire, in modo terapeutico, anche con pazienti diversi da quelli che sono stati affidati e dei quali spesso non si conosce in modo approfondito la storia di vita e le problematiche connesse oppure di dover far fronte in sede di colloquio a richieste, spesso manipolatorie, legate alla strutturazione della vita comunitaria.

Non solo, ma si verifica anche che con i pazienti che si hanno in carico si creino più momenti di incontro (e scontro) in quanto la relazione si mantiene anche all’interno di altri setting, come quello di gruppo, in cui l’utilizzo della confrontazione rispetto al tema dei limiti e delle regole rischia di rendere il terapeuta, alternativamente, un oggetto buono (nel colloquio individuale) e un oggetto cattivo (nel gruppo).

La capacità del terapeuta di tollerare in sé in modo consapevole la presenza di entrambi questi aspetti può tuttavia risultare di grande utilità clinica nello sviluppo, anche nel paziente, di una capacità di integrazione contro la scissione prevalente data dalla patologia stessa (Linehan, 1993; Gabbard, 2005).

In questo senso riveste una grande importanza e utilità clinica la presenza di un équipe multidisciplinare costituita da diverse figure professionali: psicologo, psichiatra, infermiere, educatore.

Le riunioni giornaliere di équipe, oltre alla supervisione mensile della stessa, permettono infatti di fare emergere diverse rappresentazioni e vissuti rispetto allo stesso paziente, tanto da riprodurne la scissione interna. La possibilità di condividere in équipe queste parti depositate in ogni figura professionale aiutano non solo a tollerare l’alta quota di frustrazione e fatica che si prova lavorando con pazienti così gravi, ma anche a ricostruire un’immagine integrata da restituire al paziente stesso (Linahan, 1993; Gabbard, 2005).

La presenza di diversi momenti di incontro con il paziente facilita inoltre la possibilità di osservare diversi aspetti del suo funzionamento in vivo, soprattutto nel contesto relazionale altamente stimolante in cui il paziente è immerso, oltre a favorire una comunicazione non verbale che fa sentire al paziente di essere visto e tenuto nella mente del terapeuta anche in altre situazioni. Un altro tema inoltre che emerge in modo preponderante all’interno della comunità è quello della motivazione.

All’interno di questo contesto, infatti, spesso i pazienti sono inviati da altri servizi, quali CPS e Ser.T e hanno una scarsa consapevolezza di malattia.

La domanda di aiuto risulta essere spesso molto superficiale e l’atteggiamento manipolatorio e falsificatorio di molti pazienti tossicodipendenti rende ancora più ardua la sfida di lavorare in profondità e su obiettivi a lungo termine.

Per questo motivo viene sottoscritto fin da subito un contratto terapeutico  in cui il paziente si impegna a rispettare tre regole cardinali che vietano rapporti sessuali tra pazienti, introduzione e consumo di droga in comunità e agiti di rabbia auto ed etero diretti.

I termini del contratto sono a tutela del paziente stesso, del gruppo di cui fa parte e dell’équipe che, in presenza dei comportamenti sopra citati, può sospendere il trattamento con una successiva espulsione o trasferimento del paziente in un’altra struttura o, nel caso in cui ci fossero le condizioni, una rivalutazione del caso.

 

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